giovedì 26 giugno 2008

IO SONO MEGLIO DI TE



Sempre dall'ultima Bettane...sempre sui vini BIO e non-BIO...francesi e non solo...

“UN VINO BIO E’ MIGLIORE DI UN VINO NON-BIO?

C’è molta confusione sulla nozione di vino BIO, volutamente mantenuta da alcuni addetti ai lavori o da giornalisti per niente indipendenti dal commercio o dalla produzione di questi vini.
Se vogliamo parlare di biologico o biodinamico utilizzando precisi criteri o tenendo conto di certificazioni rigorose e legali, allora il “vino BIO” è un abuso di linguaggio: bisognerebbe parlare di “vino da agricoltura biologica”. Perché tutto il vino è BIO per definizione, in quanto prodotto dai microrganismi viventi della fermentazione.
Sulla qualità dei grappoli BIO diciamo che, se in fase viticola non sono stati commessi errori, senza alcun dubbio essi esprimeranno con più forza e complessità i caratteri dati dal terroir e dall’annata e dunque costituiranno una materia prima di maggior qualità per il vino futuro. Meglio se la materia prima sarà ben vinificata, in modo che le informazioni contenute nei grappoli di partenza siano espresse con precisione. E qui in genere iniziano i problemi con molti dei produttori BIO: convinti che solo i lieviti del terroir siano degni di fermentare il proprio vino e che l’aggiunta di zolfo non possa che rovinare la purezza morale del proprio prodotto, essi ottengono spesso vini instabili, sia sul piano visivo, con torbidità e opacitià, sia sul piano gustativo, con acidità volatili elevate, e poi aromi poco eleganti e soprattutto la perdita dell’individualità della propria origine, a causa dell’alterazione aromatica che altera anche tutto il resto.
Perché tra i lieviti del terroir ce ne sono di buoni come di cattivi e i cattivi tendono a prevalere sui buoni in fase fermantativa, se preliminarmente non sono state create le condizioni per un’adeguara protezione utilizzando zolfo.
Intendiamoci, nei casi migliori, i vini “naturali” hanno una purezza e una digeribilità incomparabile, ma spesso cosa siamo costretti a sopportare, malgrado l’affetto paterno accordato a questi vini da produttori illuminati, sommeliers, giornalisti, cuochi e commercianti irresponsabili?
Rallegra dunque sapere che i grandi viticoltori biodinamici di questo paese, gli Zind-Humbrecht, i Leroy, i Leflaive, i Morey, i Lafon, i Viret, i Perrin sono anche vinificatori accorti, che conoscono perfettamente l’importanza del controllo e della precisione nell’elaborazione di un prodotto “nobile”.”


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BIO!

Rudolf Steiner

Da La Grand Guide des Vins de France 2009 di Bettane e Dessauve alcune riflessioni molto interessanti (e che in gran parte condivido) sui vini BIO. Si parla ovviamente di vini francesi, ma i temi sono facilmente ampliabili al resto della produzione europea e mondiale. Anche ai vini Passiti piacentini.

"L’agricoltura BIO è di moda. Esiste dunque una viticoltura biologica destinata a svilupparsi, e di tutte le “famiglie” che essa riunisce si nota una preferenza per la scuola biodinamica.
Nel 1981 ho avuto la possibilità di incontrare Francois Bouchè, l’iniziatore del movimento in Francia, e ho avuto la sorpresa di vedere a poco a poco i principi filosofici di Steiner, per i quali non provo particolari simpatie, portare ad un miglioramento della qualità dei grappoli, della loro capacità di esprimere un terroir e un’annata. Interpreto questa riuscita come quella dell’osservazione e del rispetto degli equilibri naturali della vigna e soprattutto del ritorno alla via biologica dei suoli che, come sanno tutti gli agronomi seri, dovrà essere la base della viticoltura nelle nostre Appellation.
Ma bisogna tener conto dei danni commessi nell’immaginario degli appassionati da tutti i cattivi vinificatori che pretendono di fare vino naturale, senza zolfo – e che illegalmente chiamano BIO, quando la legge riconosce come BIO solo il frutto, il grappolo – e che pretendono di far passare la loro brodaglia come verità del terroir.
Da un lato quindi vini rossi puzzolenti, con lieviti indigeni che cannibalizzano quelli buoni quando il vinificatore lascia fare, e che sono gli stessi in tutto il pianeta e omologano tutti i vitigni e tutti i terroirs con i loro aromi animali. Dall’altro zuccheri decisi, colori instabili e sapori approssimativi, basta coi bianchi ossidati e morti.
Restiamo attoniti davanti alla credulità di tanti ristoratori che non presentano altro nelle loro carte che questo tipo di prodotti. E che dire di tutti quelli che li consigliano, enotecari e commercianti pronti a cavalcare l’onda del “pensiero corretto”, giornalisti che si appiccicano un’etichetta alla moda senza preoccuparsi di quello che bevono.
Intendiamoci, alcuni dei più grandi vini del pianeta sono prodotti da una viticoltura d’ispirazione BIO, ma chi li produce è cosciente delle proprie responsabilità e perfezionista in materia di vinificazione. Zind-Humbrecht, Lafon, Perrin, Leflaive, Leroy, Pinguet sono l’onore della famiglia BIO, e i loro prodotti, ammirati da tutti, servono da riferimento per valutare tutti gli altri.
Tra le Appellation meno prestigiose troveremo decine di produttori rispettosi
del suolo, della vigna, del grappolo e del vino, ma curiosamente non sono quelli che vedi
dappertutto, le " gole profonde", i furbetti e i manipolatori
d'opinione. Questi saranno pronti a fornirci un'istruzione per
l'uso, un calendario astrale che ci indichi i giorni "senza" e i giorni
"con", la caraffa per decantare otto giorni prima e il bicchiere
adeguato, e in ultima analisi - se insisteremo nel trovare i loro vini
"bizzarri" - un corso gratuito di antroposofia."


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lunedì 9 giugno 2008

A WAGNER SAREBBE PIACIUTA LA MALVASIA?

Paul Klee, Strade principali e secondarie, olio su tela, 1929,
Colonia, Museum Ludwig


La degustazione dei Passiti piacentini di ormai due mesi fa porta con sè riflessioni già in parte affrontate nei vari commenti pubblicati prima e dopo la degustazione.
Tra le riflessioni è emersa quella su quale possa essere, e prima ancora se possa esserci, LA strada ideale per appassire la Malvasia aromatica di Candia. E' una specie di domanda retorica, nel senso che in questo ambito ritengo che parlare di metodi e schemi predefiniti sia poco sensato. Dunque, già si è detto, non esiste LA strada. Esistono atteggiamenti, interpretazioni, consapevolezze. Ecco perchè, ad esempio, a risultati enologici diversi può corrispondere una lingua comune, un medesimo atteggiamento al quale possono corrispondere risultati qualitativamente e quantitativamente importanti.
Oggi parlando di Malvasia da appassimento nei Colli Piacentini penso a un magma, a un caos da cui non emerge ancora una direzione precisa, come un linguaggio confuso che tenta di prendere forma, di organizzarsi e farsi lingua, dove oggi poco o nulla è stabile e preciso, se non nell'arbitraria interpretazione delle diverse grammatiche e dei diversi vocabolari usati dai produttori.
In realtà dal magma inizia a delinearsi un embrione di discorso, non chiaro né grammaticalmente e sintatticamente perfetto, ma vivo, con alcune singole direzioni chiare e consapevoli. C’è qualcuno che parla già una lingua sicura, mentre altri tentennano e balbettano, ma è fisiologico perchè si parla di un linguaggio appena nato.
Tra coloro che dimostrano di parlare e lavorare con ottima padronanza di linguaggio ed idee chiare (anche se non del tutto, come ci dirà lui stesso) c'è senz'altro Stefano Pizzamiglio de La Tosa, che ha scelto una strada consapevole frutto di profonde riflessioni e che (c'è bisogno di dirlo?) è semplicemente la strada scelta da Stefano Pizzamiglio. Punto. Anzi, con qualcosa in più, perchè la scelta di Stefano è profondamente circostanziata e consapevole, e al tempo stesso animata da continue discussioni interiori e dubbi, come è raro trovare nei Colli Piacentini e non solo. E nel percorso che deve portare i Colli Piacentini a diventare il punto di riferimento nazionale della Malvasia, contributi (sia sotto l'aspetto filosofico, sia sotto quello produttivo e qualitativo) come quelli di Stefano possono risultare preziosissimi. E Wagner? Devo dire che a me per primo alla domanda del titolo verrebbe da rispondere: e chissenefrega! Però Wagner con la Malvasia c'entra, c'entra.

Con Stefano Pizzamiglio si parla di Malvasia in generale e si parla delle sue Malvasia, della versione passita in particolare, l'Ora Felice, prodotta dal 2005 ed ottenuta da grappoli appassiti in cassette poste lontano dal sole. La parola a Stefano.

Stefano Pizzamiglio

L'ORA FELICE
Le uve provengono da tre vigneti (Sorriso, Morello, Ronco).
Si fa una vendemmia “chirurgica” ponendo grandi attenzioni all'aspetto igienico, quindi alla sanità delle cassette, delle forbici, delle mani (i vendemmiatori indossano guanti di lattice) e all'integrità dei grappoli. I grappoli sono maturi, ma non stramaturi (solo qualche grappolo inizia ad appassire in pianta).
L'appassimento si svolge in condizioni controllate. Il tempo d'appassimento può variare molto, tanto che nel 2006 è stato inferiore al mese, mentre nel 2007 ha sfiorato i due mesi. Il 2007 aveva circa 180 gr/l di zuccheri residui (nella due annate precedenti il residuo era stato leggermente inferiore) e 11,6% di alcol svolto. La fermentazione si svolge in acciaio inox.
La produzione (in bottiglie da mezzo litro): 1.400 nel 2005, 2.800 nel 2006, 3.200 nel 2007.

I RIFERIMENTI
In qualche modo l'ispirazione per l'Ora Felice viene dall''Alsazia, in particolare dalle Vendange Tardive, e poi dai vini dolci austriaci e tedeschi; da alcuni vini dolci italiani come, per certi aspetti, il Solalto delle Pupille, certi Moscato Fior d'Arancio dei Colli Euganei, lo Shams di Aiello e alcuni passiti altoatesini come il Terminum. E poi uno dei miei punti di riferimento è Il Passito che non c'è...

INTERPRETAZIONI
Premesso che la forma di appassimento è determinante, nel senso che un vino da uve appassite al sole sarà diverso da un vino ottenuto da uve appassite in cassette, è comunque più importante il territorio e l'atteggiamento del produttore.
Un esempio per spiegare meglio il concetto. Il Luna Selvatica (Cabernet Sauvignon de La Tosa) 2003 ha fatto 6 giorni di macerazione sulle bucce, il 2007 ne ha fatti 21. Potrebbe sembrare che dietro ci siano idee diverse, cioè che i due vini siano frutto di altrettante concezioni, completamente diverse tra loro, invece tra i 6 giorni del 2003 e i 21 giorni del 2007 l'atteggiamento è lo stesso. Conta l'interpretazione dell'annata, aldilà dei tempi di macerazione e delle tecniche, perchè un'annata era più adatta ad una macerazione corta, l'altra ad una macerazione più lunga. Così, nei vini Passiti potrebbero esserci annate più adatte all'appassimento al sole, altre alle cassette. O vitigni più adatti a un appassimento piuttosto che a un altro.
Detto questo l'appassimento in cassette che io pratico, mi pare abbracci più che aggredire l'uva, rivelandone la piena complessità degli aromi. In genere invece l'appassimento al sole, che non ho mai provato, mi pare dia più espressività ma meno complessità, come se estraesse il calore del sole e poco altro. Io cerco più la finezza, la freschezza, un’infantile fragranza fruttata, un impianto strutturale abbastanza nordico (in omaggio e a fotografia del nostro usuale clima di inizio autunno), piuttosto che descrittori aromatici candito-fico-mediterranei e una struttura densa ed opulenta. Cerco la serbevolezza e le leggerezza nel mio Malvasia Passito. Cerco le sfumature dell'aurora, più che la vitalità espressionista. Ma, pur convinto della strada che sto percorrendo, non penso certo che possiamo ottenere, io e la mia strada, tutto il meglio che si possa trarre dall’uva a cui mi sto applicando. Anzi…



CONFRONTI
La Malvasia aromatica di Candia è così poliedrica e polifonica che si presta a tante interpretazioni e a più forme di appassimento. Poche altre uve sono così. Ci sono uve che si prestano meno a più forme di appassimento. Un'uva neutra ad esempio si presta meno ad un appassimento al sole, sarà magari più adatta ad altri appassimenti o ad altre tecniche (Vin Santi). Anche il Gewurztraminer, ricco in terpeni ma non come la Malvasia ed il Moscato, può avere bisogno della Botrytis per esprimersi al meglio, ancor di più il Semillon.

ALLA MALVASIA PIACE LA BOTRYTIS?
Nel 2007, terza annata prodotta di Ora Felice, c'è stato un 15% di Botrytis che si è sviluppato naturalmente in vigna. In futuro se la Botrytis verrà, bene, ma non sono sicuro che la Muffa Nobile, soprattutto se troppo presente, possa arricchire la Malvasia, anzi rischia di coprirla. Troppa Botrytis può smorzare il timbro aromatico del vitigno. E' il discorso di prima, certe uve, come il Gewurztraminer, hanno più da guadagnare dalla Botrytis, vedi il Terminum, che a me piace molto anche per il suo essere voluminoso senza pesantezze.

LA MALVASIA CHE SAUVIGNONEGGIA
E' una sfumatura da tenere in considerazione anche se non la ricerco, però è una caratteristica del vitigno che contiene precursori pirazinici che si mantengono in uve raccolte non troppo mature (nel mio caso, nel Passito in particolare, quindi non se ne ritrovano), poi dipende anche dal suolo perchè terreni ricchi di acqua e poco argillosi tendono a dare più pirazine e ci sono certi biotipi del vitigno che ne sono più ricchi. In cassette la componente pirazinica potrebbe mantenersi di più che al sole, soprattutto in caso di raccolta leggermente anticipata, ma bisognerebbe studiare la cosa più a fondo.

BUONI PROPOSITI PER IL FUTURO:
Nelle prossime annate intendo approfondire alcuni aspetti specifici:
controllo in fase di raccolta, nella scelta dei grappoli ad esempio (vorrei provare con grappoli a stadi di maturazione leggermente diversi);
più attenzioni in fase d'appassimento, più controllo su temperatura e umidità della camera di appassimento;
lunghezza dell'appassimento;
cura nella fermentazione. Visto che i lieviti devono fermentare una materia più densa del solito fanno più fatica e vanno aiutati e nutriti. Nella fermentazione dei Passiti ci sono ancora molti aspetti non compresi. Forse il fatto che i Passiti tendono ad essere considerati spesso vini arcaici ha fatto sì che ci siano ancora molti aspetti tecnici da scoprire;
eventuale apporto del legno, da utilizzare (con moderazione) più per l'effetto di ossigenazione e di apporto tannico, che per l'effetto aromatizzante.

A WAGNER PIACE LA MALVASIA?
Dovendo paragonare un Malvasia da uve appassite in cassette a brani musicali direi Il Mormorio della Foresta dal Sigfrido di Wagner, che rimanda ad una natura fresca e zeffirosa, mobile e viva; o il Mattutino della Tosca oppure Impressioni di Settembre della Pfm. Poi pensando alla pittura mi vengono in mente Klee, Redon, De Maria.
Paragonerei un Malvasia da appassimento al sole...sempre a Wagner, al viaggio di Sigfrido sul Reno de Il Crepuscolo degli Dei, che è solare e squillante, poi penso a certe canzoni dei Queen, a Matisse e Van Gogh.
Richard Wagner

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